I drama uniscono. I drama romantici dividono. E febbraio, non a caso il mese in cui le produzioni programmano l’uscita di numerosi nuovi titoli, è il momento in cui le posizioni si polarizzano ulteriormente. Per alcuni, tutte le serie romantiche sono storie che oscillano dal banale al noioso, mentre per altri esse sono espressione della ricerca e della crescita della sfera emotiva legata al sentimento dell’amore.
In realtà esiste una vasta produzione di serie che, pur rientrando appieno nel genere romantico, cercano di svincolarsi da meccanismi logori e schemi ricorrenti per offrire un prodotto visivo apprezzabile da tutti.
Nessuna dritta sulle nuove serie quindi, al contrario abbiamo preferito rivolgerci al passato per provare a individuare alcuni titoli che, secondo noi, hanno il pregio di valorizzare l’elemento emozionale attraverso una scrittura e una narrazione originali. Rimane fermo l’aspetto rassicurante determinato dal ritmo progressivo dell’evoluzione dei rapporti tra i protagonisti, con l’aggiunta però dell’esplorazione di tematiche complesse, trattate con delicatezza ed equilibrio.
Reply 1988 (2015-2016)
Parlare di “Reply 1988” mantenendo una qualsiasi forma di distacco oggettivo è impossibile. Chi ci riesce, non ha un cuore. È semplicemente uno dei migliori drama che siano stati prodotti (chi sostiene il contrario, mente), in cui ogni elemento funziona: attori, sceneggiatura, regia, fotografia, musica. È da vedere perché è un meraviglioso tuffo negli anni di passaggio tra la fine degli anni ‘80 e gli anni ’90: sullo sfondo la società coreana che sta cambiando e in primo piano le vite di quattro famiglie che vivono nella stessa via. Come in ogni buon drama che si rispetti ci sono amori, amicizie, dolori, si ride molto e si piange altrettanto, si tifa per le coppie che si formano, si soffre per i momenti difficili che ognuno dei protagonisti deve sopportare e si resta totalmente affascinati dalle capigliature cotonato-ricce tanto amate dalle signore, qualcosa che non sarebbe venuto fuori neanche da Edward “mani di forbice”. Se tutto ciò non dovesse bastare, aggiungiamo solo un altro elemento: Ryu Jun-yeol.
Because this is my first life (2017)
Alla base c’è il classico schema dell’amore che nasce da una convivenza forzata: lui e lei vanno a vivere insieme – in questo caso addirittura si sposano – e da che non provano niente l’uno per l’altra finiscono per innamorarsi. Fin qui nulla di nuovo, a far uscire questo drama dai soliti canoni c’è il fatto che i due scelgono di loro spontanea volontà di convivere, non c’è nessun padre, nonno o altra figura esterna a obbligarli, e lo fanno per questioni molto attuali per la società coreana (a lei serve un luogo in cui vivere ad un costo accessibile, lui ha bisogno di qualcuno che paghi una parte del mutuo). Il drama procede come ci si immagina che debba procedere, ma lungo il percorso si parla di scelte personali sull’amore e sul matrimonio, di carriere lavorative e di aspettative sociali che vengono sempre più percepite come costrizioni estranee alla propria vita. “Because this is my first life” non è certo un capolavoro, ma di sicuro è di più di quello che si possa pensare.
Mr Sunshine (2018)
Lee Byung-hun e Kim Tae-ri protagonisti. La descrizione di “Mr Sunshine” potrebbe finire qui ed essere sufficiente per convincere chiunque a guardarlo. Ma in “Mr Sunshine”non ci sono solo due attori eccellenti che riescono a far percepire ogni emozione attraverso i loro sguardi (godeteveli tutti, tornate indietro e riguardateli, perché è tutto ciò che questo drama vi concederà dal punto di vista romantico. Sentimentalmente sono 24 puntate di pura sofferenza), ci sono anche una bellezza visiva straordinaria che permea ogni scena e un racconto storico che è il terzo protagonista di questa storia. Perché i personaggi si muovono in uno spazio e un tempo che sono quelli degli ultimi anni della lunga dinastia Joseon, quando il Giappone rafforza il controllo sulla Penisola prima della sua completa annessione e la lotta per l’indipendenza non permette alcuna distrazione. Uno spazio e un tempo in cui i destini di tutti sono inevitabilmente in balìa di uno dei “grandi” momenti della Storia coreana. Quindi, ringraziate che almeno ci sono gli sguardi…
It’s okay not to be okay (2020)
C’è tantissimo in questo drama: ci sono fiabe, omaggi a Tim Burton, outsider e “diversi” di ogni tipo, disagio mentale e sofferenza, madri crudeli che neanche nei fratelli Grimm. Ma ci sono anche umanità, rispetto per gli altri, crescita, ricerca del proprio posto nel mondo e del coraggio di essere felici, personaggi scritti benissimo e interpretati altrettanto bene, uno stile che inserisce nel racconto disegni animati e stop-motion. E ci sono Oh Jeong-se che regala realtà e profondità al suo personaggio affetto da autismo e Kim Mi-kyung che interpreta la mamma comprensiva e accogliente che tutti vorremmo avere. Poi c’è anche la storia d’amore, che qui però non è il semplice incontro tra due persone che si piacciono, ma diventa un percorso da fare insieme, lungo e accidentato, verso l’età adulta.
Mr Queen (2020-2021)
Ovvero, come riuscire a parlare di questioni di genere mettendo in scena la storia di un uomo del presente, uno chef arrogante e donnaiolo, che dopo un incidente si risveglia nel corpo di una giovane regina di epoca Joseon. Nulla di più improbabile, no? Eppure “Mr Queen” funziona benissimo. Gli elementi dei classici drama storici ci sono tutti: le ambientazioni sontuose, gli abiti stupendi, gli intrighi di corte, in più però si ride tanto e di gusto grazie alla situazione paradossale alla base del racconto e ai personaggi di contorno che regalano momenti davvero esilaranti. “Mr Queen” però non sarebbe “Mr Queen” se non fosse per la sua protagonista, l’attrice Shin Hye-sun, eccezionale nel portare in scena le due versioni della regina, pre e post “incidente”. Prima, perfetta rappresentante del suo ruolo e, dopo, maschio che cerca di abituarsi a un corpo e un tempo che non gli appartengono. Senza voler esagerare, si può comunque dire che “Mr Queen”, in modo leggero e divertito, riesce anche a dirci qualcosa sul ruolo della donna nel passato e nel presente.
Yumi’s cells (2021)
Prendete “Inside out”, moltiplicate il numero di personaggi che interpretano le emozioni che regolano i nostri comportamenti, inseriteli nelle menti di una ragazza e un ragazzo twenty-something che si innamorano l’uno dell’altra e avrete le “cellule di Yumi”. Un drama in cui è impossibile non pensare “è vero! succede esattamente così!” ogni volta che i piccoli personaggi in CGI ci mostrano cosa accade nella mente prima di qualunque nostra azione. Anche qui la storia è in fin dei conti semplice – seguiamo le varie tappe dell’innamoramento tra i due – a differenziarla da quelle di tanti altri drama romantici sono proprio le “cellule”, vero motore e vere protagoniste del racconto, le cui scene regalano i momenti migliori, più divertenti e intensi di tutta la serie. Come in “Inside out” le emozioni sono così ben caratterizzate e la loro rappresentazione è così simpatica che è inevitabile avere la propria preferita. La mia è senza dubbio Malizia, con la sua tenuta maglietta+mutande e il sangue che cola dal naso quando i pensieri si fanno troppo hot.