Taglierò la profondità della lunga notte di dicembre
E l’avvolgerò in una coperta di tiepida brezza primaverile
Che in onde si dispiegherà la notte in cui il mio amato tornerà.
동지(冬至)ㅅ달 기나긴 밤을 한 허리를 버혀 내여,
춘풍(春風) 니불 아레 서리서리 너헛다가,
어론님 오신 날 밤이여든 구뷔구뷔 펴리라.
In coreano moderno:
동짓달 기나긴 밤을 한 허리를 베어내어
봄바람 이불 아래 서리서리 넣었다가
정 통한 님 오신 날 밤이거든 굽이굽이 펴리라
Hwang Chini, conosciuta anche con il soprannome di Myŏngwŏl “Luna Splendente”, fu la più grande poetessa di epoca Chosŏn. Vissuta nella prima metà del XVI secolo, la sua esistenza è sospesa tra realtà e leggenda. Secondo la tradizione avrebbe iniziato la sua carriera di kisaeng (intrattenitrici professioniste, versate in varie forme d’arte come la poesia, la musica, la danza, la pittura) all’età di 15 anni, in seguito alla morte del suo amato, causata dall’opposizione dei familiari a tale unione. Oltre che dotata di un eccelso talento artistico, si dice fosse di una bellezza senza paragoni. Persino il monaco Chijok, famoso per la sua santità, si infatuò di lei e, rompendo il voto di castità, fu costretto all’apostasia. Hwang Chini è oggi considerata una delle tre meraviglie della città di Kaesŏng (Corea del Nord), dove nacque, insieme alle cascate Pagyŏng e al letterato Sŏ Kyong Dŏk, del quale fu tra l’altro allieva. Sulla sua figura sono stati girati film, telefilm e scritti libri, tra cui va annoverato il romanzo dello scrittore nord-coreano Hong Sŏk Jung, pubblicato nel 2002 con il titolo di “Hwang Chini” (황진이).
La poesia qui riportata è una sijo, letteralmente “ritmo del tempo” o “ritmo del periodo”, la più conosciuta espressione della poesia di epoca Chosŏn. Si tratta di una forma poetica ancora oggi utilizzata per esprimere, in pochi tratti, un’emozione o uno stato d’animo. Nelle fonti scritte compare in epoca abbastanza tarda perché solo a partire dal regno di Yŏngjo (1724-1776) si cominciano a registrare, per salvarle dall’oblio. Tuttavia la loro origine risalirebbe al tardo periodo Koryŏ, quando veniva designata come tan-ga “canzone breve”. Attraverso questi componimenti, il poeta esternava i suoi sentimenti verso la situazione del tempo, “o in base a uno stato d’animo provato in seguito alla subitanea presa di coscienza di un momento felice o amaro, della fugacità della vita, di un rimpianto amoroso, della complessità delle relazioni umane, di una vittoria politica o di una disfatta” [Riotto, p.171]. La struttura di una sijo è generalmente di 3 versi da circa 45 sillabe. A comporre sijo non erano soltanto i letterati ma anche uomini d’arme, come l’ammiraglio Yi Sunsin, il grande eroe e difensore della patria durante le invasioni giapponesi note come Guerre Imjin (1592-1598), e le kisaeng come Hwang Chini, capaci di produrre componimenti di una passionalità travolgente.
Il minhwa (dipinto in stile popolare) allegato alla poesia è stato realizzato da una artista contemporanea Son Yu Yeong 손유영, che si è ispirata a Hwang Chini per la sua opera, infatti il suo titolo richiama direttamente a quello della poesia: 동짓달 기나긴 밤에 “Nella lunga notte di dicembre”. In realtà con il termine 동짓달 si indica il mese del solstizio d’inverno, l’undicesimo mese del calendario lunare, che grossomodo corrisponde al nostro dicembre. D’altra parte quel tal (달) in tongjittal (동짓달) ha il doppio significato di “mese” e “luna”, quindi il termine potrebbe anche essere interpretato come “la luna del solstizio di inverno”.
La primavera e la rinascita.
La natura occupa un posto di primo piano nella poesia coreana. Da sempre i poeti attivi su questa penisola hanno espresso le loro emozioni attraverso immagini offerte loro dalle magnifiche flora e fauna che li circondavano.
In questa poesia di Hwang Chini è centrale l’elemento del tempo: la lunga oscurità delle notti più lunghe dell’anno. Anche se non accennato, riusciamo ad avvertire il freddo di questa notte solitaria, al quale si contrappone il tepore, caldo come una coperta, della brezza primaverile che è paragonato alla speranza di rivedere la persona amata. L’arrivo della primavera, il risveglio della natura dal gelido inverno, lo sbocciare dei fiori incoraggiati dal tiepido sole della nuova stagione, rappresentano ancora oggi, nell’immaginario dei coreani, metafore di speranza e rinascita dell’anima sofferente.
Fonti sulla vita di Hwang Chini e sulle sijo:
Riotto, M. 1996, “Storia della letteratura Coreana”, Palermo: Novecento.