D.P. (Deserter Pursuit)

Tratto dal webtoon di Kim Bo-tong, D.P. è una nuova serie Netflix ambientata all’interno di una base militare. D.P. è l’acronimo di Deserter Pursuit e fa riferimento alla particolare unità della polizia militare che ha come obiettivo l’individuazione e l’arresto dei disertori[1]. An Jun-ho, interpretato da Jung Hae-in, è un ragazzo solitario dai trascorsi familiari dolorosi, non frequenta l’università eppure la sua personalità emerge sin dalle prime scene. Non a caso il Sergente Park Beom-gu, responsabile un po’ sopra le righe dell’unità, rimane colpito dalla sua tenacia e decide di inserirlo nella squadra.

Ogni episodio indaga un caso specifico di diserzione con l’obiettivo di lasciare quanto più spazio possibile alla storia personale dei personaggi; non assistiamo mai a fughe spettacolari o nascondigli inaccessibili, al contrario impariamo a conoscere i soldati attraverso le parole di amici e familiari. Gli stessi Jun-ho e il suo compagno e mentore il Caporale Han Ho-yeol sospendono il giudizio, preferiscono ascoltare e ricostruire il carattere dei disertori, cercare una soluzione. Finalmente i disertori smettono di essere considerati traditori della patria e tornano ad essere uomini con debolezze e desideri.

I sei episodi di cui si compone la serie costituiscono un processo di progressiva svestizione della tradizionale narrazione utilizzata nel contesto militare, pezzo dopo pezzo la negazione della glorificazione del servizio militare e della vita dei soldati viene completata. In questo contesto, la scelta di rendere i disertori protagonisti della narrazione è funzionale al processo di capovolgimento concettuale e valoriale portato avanti. La diserzione è un’onta per il sistema, è la conferma del suo malfunzionamento e per questo si cerca di far passare tutto sotto silenzio. Jun-ho urla, letteralmente, il suo rifiuto; nel rispettare la disciplina continua a scegliere i propri valori su quelli che gli vorrebbero imporre.

Oltre alla forte componente emotiva presente in tutte le storie raccontate, centrale è lo spazio fisico entro cui la serie si muove. Si gioca tutto sulla dualità e la sua confusione: esiste un mondo dentro e uno fuori la base militare, regolati da gerarchie e leggi diverse. La D.P. si muove a cavallo di queste due realtà, Jun-ho e Ho-yeol sono coloro che possono attraversare i due mondi adattandosi di volta in volta. La base militare non è un luogo protetto ma ostile, alimentato da continue vessazioni fisiche e psicologiche. Non importa il grado sulla divisa, tutti imparano ad applicare un sistema basato sulla violenza verso i sottoposti o i più deboli. La retorica viene smantellata, gli atti di bullismo sono schiaffi in pieno viso per lo spettatore. Vittima e carnefice perdono di significato, si confondono fino a sovrapporsi. Il mondo fuori potrebbe quindi apparire come un luogo salvifico ma scopriamo ben presto che non è così, ancora una volta, infatti, ci sono ampie zone grigie che impediscono una categorizzazione netta e una semplificazione della realtà.

La scelta, tutt’altro che banale, di non concentrarsi in modo esclusivo sulla storia di Jun-ho ma di creare una narrazione corale e polifonica ha permesso un lavoro interpretativo complessivo convincente che non lascia indifferenti. A questo si aggiunge l’ottimo lavoro compiuto in termini di complessità dei personaggi, ciascuno dei quali presenta una serie di sfaccettature che lo allontanano dal rischio di cadere nelle solite etichette.


[1] In Corea del Sud il servizio militare è obbligatorio, ciò significa che tutti i ragazzi, tra i 18 e i 28 anni, sono inquadrati nelle forze armate. Lo scorso anno è stato tuttavia approvato un emendamento alla Costituzione che permette un’ulteriore proroga a coloro che rappresentano la Corea del Sud a livello internazionale: https://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/Leva_e_K_Pop_la_Corea_del_Sud.html

A seconda della specializzazione militare (Esercito, Marine o Aeronautica) a cui si viene assegnati la durate del servizio militare cambia. 

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